venerdì 4 marzo 2011

THERE....

There's no time for us
There's no place for us
What is this thing that builds our dreams yet slips away from us?
Who wants to live forever?

Il ghetto di Genova; una zona particolare e malfamata del centro storico, a due passi da un patrimonio dell’Unesco come via Garibaldi con i suoi palazzi dei Rolli e poco distante dal porto antico dove è il famoso acquario, luoghi visitati ogni anno da milioni di persone che neanche immaginano cosa esista a pochi metri da loro; una zona persa e nascosta nell’intricato labirinto dei vicoli genovesi, una zona dove nessuno entra se non ha un motivo ben preciso, ed anche in quel caso riflette bene sulle sue motivazioni prima di entrarvi.
Una cacofonia di suoni, odori, colori e persone che si mischiano fra loro creando situazioni uniche e non riproducibili in altri contesti, chi camminando fra i vicoli facesse attenzione sentirebbe risuonare lingue diverse provenienti da ogni parte del mondo; l’arabo degli immigrati egiziani, il francese dei senegalesi, il cinese, i dialetti sudamericani misti di indio, spagnolo e portoghese fino agli ultimi resistenti dialetti dell’italia meridionale retaggio dell’immigrazione anni 60 quando i vicoli divennero rifugio di siciliani, napoletani e calabresi scappati dalla povertà del sud.
Chi oltre a drizzare le orecchie volesse alzare lo sguardo per collegare suoni e voci alle rispettive fonti non resterebbe deluso dalla multietnicità della zona ma potrebbe restare invece colpito da altro, non da sensazioni e impressioni, ma da qualcosa di letale come un coltello o comunque pesante come una carezza d’acciaio; in questi luoghi bisogna stare molto attenti a dove si posano gli occhi e dove gira lo sguardo perché è un attimo vedere cose che è meglio non conoscere per la propria salute, è soprattutto per questo che coloro che attraversano il ghetto camminano veloci fissando la strada e non curandosi d’altro.
Niente negozi o attività produttive “normali”, l’unica merce in vendita è una mezz’ora di amore mercenario a 30 euro offerta dai travestiti che popolano i cosiddetti bassi della zona, monolocali a livello della strada dove la signorina in questione invita ad entrare i passanti per un fugace rapporto omosessuale; questo è il secondo motivo per cui si cammina evitando di incrociare lo sguardo con le altre persone, chi entra nel ghetto ma non vi abita non è felice di essere riconosciuto e se incontra possibili conoscenza devia il proprio percorso per successivamente ritornare sui propri passi.
Il posto ideale dove vivere.